Insalata russa, dall’epoca degli Zar ai veglioni anni ’70.
Basta dire “insalata russa” ed è subito veglione di Capodanno negli anni ‘70. Un piatto decisamente iconico della cucina pop che, più o meno tutti abbiamo mangiato almeno una volta, o forse più d’una.
Nella versione dei giorni nostri, dico dei giorni nostri perché è una ricetta che io preparo tutt’ora e so di non essere l’unica, l’insalata russa è un’insalata a base di verdure lessate -patate, carote e piselli-, tagliate a tocchetti, condita con salsa maionese ed arricchita con uova sode, sottaceti e talvolta tonno in scatola.
Ma non è sempre stato così.
Sulle origini dell’insalata russa le versioni sono parecchie, quindi ho scelto quella che mi è più simpatica consapevole che probabilmente non è la più veritiera e consapevole anche che ciascuno ha la propria ricetta “di famiglia” che considera la migliore di tutte.
Siamo a Mosca, nella seconda la metà dell’800 in un ristorante molto chic e molto frequentato. Si tratta dell’Hermitage, ristorante che purtroppo chiuse i battenti nel 1917, allo scoppiare della Rivoluzione d’Ottobre. Il proprietario e chef si chiama Lucien Olivier, il nome tradisce le origini francofone ma nacque proprio a Mosca e nella città dell’Impero russo gestì l’Hermitage. I piatti che venivano serviti erano quelli della cucina francese, ma adattati ai gusti locali. Olivier era un esteta, preparava piatti curatissimi ma, ahimè, era dotato di un pessimo carattere.
Ebbene il nostro chef, tra le tante, preparava una squisita insalata che serviva come antipasto. Era un’insalata piuttosto complessa e con ingredienti ricercati: petto di pernice, gamberi di fiume, capperi e tartufo. Veniva condita con una maionese speziata e servita con tutti gli ingredienti elegantemente disposti in una sorta di aspic. Chiaramente Lucien Olivier teneva la ricetta segretata.
Fatto sta che una sera, uno dei commensali del ristorante cui venne servita la preziosa insalata, pensò bene di mescolare gli ingredienti tra loro rovinando l’estetica del piatto. Lo chef si inalberò alla vista del piatto mischiato e per ripicca decise nei giorni seguenti di servire l’insalata nella versione… scomposta, come diremmo oggi.
Fu un successo, tutti volevano quell’insalata che chiamavano “insalata Olivier” in onore allo chef.
Ma non è finita qui.
Con la Rivoluzione d’Ottobre dicevamo, l’Hermitage chiuse. Però i moscoviti avevano caro il ricordo dell’insalata Olivier. Ed ecco la variazione sul tema: nei ristoranti cominciarono a proporre l’insalata con ingredienti meno preziosi e più in linea con il momento storico, che tuttavia ricordavano il cromatismo del piatto originale: i piselli presero il posto dei capperi e le carote quello dei gamberi di fiume.
Una ricetta economica ma talmente bella e gustosa che presto si diffuse anche nella vecchia, cara Europa dove però le diedero i nomi più disparati.
In Italia e in Francia divenne “insalata russa”, nei paesi nordici come la Danimarca, la Norvegia e la Finlandia la chiamano “insalata italiana”, in Olanda è “insalata degli Ussari”, in Ungheria e in Croazia “Insalata francese” e in Russia? Nonostante sia ben diversa dalla ricetta originale, in Russia continuano a chiamarla “insalata Olivier”.
La ricetta di questa puntata, la trovi con ingredienti, dosaggi, e passaggi, sul blog: mancailsale.it. Manca il Sale, è un podcast originale di Annalisa Sandri. La voce della sigla è di Vittorio, la produzione e il sound design di Michael Hammer. Tutte le puntate di MANCA IL SALE, le puoi ascoltare su udinepodcast.it.
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