PATATINE FRITTE: Mai sottovalutare le lamentele in cucina, potrebbero far nascere ricette iconiche.
Se ti è capitato di fare una puntatina in Belgio, di certo hai mangiato le patatine fritte che lassù sono considerate un’autentica istituzione nazionale.
Sembrerebbe infatti che il connubio tra una particolare varietà di patata, la “Bintje” -coltivata nelle campagne belghe- e il fatto che vengono fritte per due volte, rendano queste patatine fritte irresistibili.
C’è poi una simpatica disputa tra i belgi e i francesi sulla paternità delle pommes frites, che ciascuno rivendica come propria.
Da un lato ci sono i pescatori belgi di Namur che nei periodi invernali friggevano le patatine tagliate a forma di pesciolino, in modo da sopperire così allo scarso pescato. Dall’altro i francesi che con Antoine Auguste Parmentier introdussero le patate -anche quelle fritte- come alimento per gli umani e non solo per gli animali (questa storia ve l’abbiamo già raccontata nell’episodio del podcast dedicato al purè).
Dei due chi ha ragione? Probabilmente i belgi ma di questo poco me ce importa perché sono altre le patatine fritte di cui vogliamo parlare, sono quelle nella busta… quelle che scrocchiano.
Quindi trasferiamoci negli Stati Uniti e per l’esattezza a Saratoga Springs nello Stato di New York, dove nel 1873 al ristorante Moon’s Lake House lavorava lo chef George Crum, specializzato in selvaggina.
Lo chef Crum era solito servire la selvaggina con le patatine fritte. Quelle fritte all’europea, per capirsi.
Ebbene, tra i clienti del Moon’s Lake House ce n’era uno che rimandava sempre in cucina le patatine fritte, lamentando che erano troppo grosse e troppo molli. Un’autentica sfida per lo chef Crum che un bel giorno, esasperato dalle lamentele, affettò una patata in fette rotonde talmente sottili da essere quasi trasparenti e poi le fece friggere in una pentola di grasso fino a renderle croccantissime. Erano nate le Saratoga Chips!
La fortuna di queste patatine fu tale che divennero la specialità del ristorante, che iniziò a produrle in serie per quindi venderle dapprima servite in coni di carta e quindi in scatole.
Per decenni le chips restarono una specialità artigianale, servita nei ristoranti o venduta nei mercati ma comunque da consumare in breve per non perdere la croccantezza.
Per la svolta dobbiamo aspettare il 1926 e cercare una donna: Laura Scudder. La signora Scudder -che per inciso era anche avvocato- pensò di mettere le chips in un sacchetto di carta sigillato con la cera, in tal modo la croccantezza si manteneva a lungo. Fu sempre Laura Scudder a far scrivere sul sacchetto la data di produzione, a garanzia del prodotto.
Solo negli anni ‘50, arrivò il sacchetto come lo conosciamo oggi ossia bello gonfio. All’interno non c’era aria ma azoto che proteggeva le patatine dall’umidità e faceva in modo che non si rompessero.
In quegli anni negli Stati Uniti nacquero i più famosi marchi quali Lay’s, Wise e Utz mentre negli anni ‘60 vennero create le famose patatine nel cilindro, le Pringles che in realtà sono non sono patate ma un impasto di patate disidratate e farina.
Anche in Italia le prime patatine confezionate arrivarono negli anni ‘50 per merito di Francesco Vitaloni che già dal 1936 friggeva croccanti chips nella sua bottega di Milano, la Rosticceria San Carlo.
Da allora le patatine fritte hanno conquistato il mondo, divenendo una presenza fissa nei bar, nelle feste, nei negozi, nei distributori automatici e nelle case di tutti potendo a buona ragione essere considerate una delle invenzioni alimentari più iconiche del Novecento.
Le storie di cucina sono infinite, così come i suoi protagonisti. Manca il Sale, è un podcast originale di Annalisa Sandri. La voce della sigla è di Vittorio, la produzione e il sound design di Michael Hammer. Tutte le puntate di MANCA IL SALE, le puoi ascoltare su udinepodcast.it.
MANCA IL SALE lo puoi ascoltare su Amazon Music, Spotify, YouTube Music e Apple Podcast.




