Francesca Novajra: “Tolleranza, è la mia parola preferita”
Dinamica, ottimista e avventurosa, fa della perseveranza e della determinazione le sue armi migliori. La sua sete di conoscenza e il desiderio di esplorare rendono la sua vita un costante viaggio alla scoperta di nuove esperienze e idee. Ama profondamente, ma necessita di un certo grado di indipendenza…
Francesca Novajra, c’è un segreto per ottenere una buona traduzione?
Ognuno ha il suo modo, ci sono tante traduzioni possibili. Sicuramente un lavoro attento, rigoroso. Molto studio e tante ricerche, una stretta frequentazione della cultura e della lingua da cui si traduce, e una grande conoscenza della propria lingua. In editoria si traduce sempre nella propria madrelingua. Amare la scrittura e aggiungerei curiosità e sensibilità. Devi avere orecchio, un po’ come per la musica.
In che modo l’esperienza all’estero ha influenzato la sua crescita personale?
Quando parti a diciotto anni e abiti tanti luoghi diversi, la tua visione del mondo cambia e per sempre – gli orizzonti non sono più gli stessi, i confini si spostano, le vedute si allargano.
A Trieste scopre l’editoria. Che sapore aveva?
Un gran bel sapore. Profumo di carta e di inchiostro. Ho sempre amato i libri, non solo come esperienza di lettura ma anche come esperienza estetica. A Trieste ho imparato come si fa un libro, il lavoro redazionale, l’impaginazione, la stampa, la legatura. Appassionante.
Lei organizza il suo lavoro per pagine, mentre la sua vita com’è organizzata?
Il mio lavoro è scandito da pagine, in gergo “cartelle”. Non tutte le pagine sono uguali. Ti fai un programma di massima giornaliero e devi rispettarlo per stare nei tempi di consegna. Ci vuole rigore e autodisciplina. Silenzio e concentrazione. Quel rigore poi cerco di applicarlo anche nella vita, nell’organizzazione del quotidiano, per riuscire a conciliare lavoro e vita personale. Non è sempre facile anche perché sono un’entusiasta e mi faccio trasportare da quello che mi appassiona. È un lavoro autogestito che permette una certa libertà, ma poi alla fine non stacchi mai. E la testa è sempre sulla pagina.
Pensa che la dignità dei traduttori sia adeguatamente tutelata e valorizzata?
Non ancora, il nostro è un mestiere precario, poco riconosciuto. Molto è stato fatto sul fronte della visibilità di traduttrici e traduttori, ma resta un lavoro con il quale è difficile vivere. Ci vorrebbe un sostegno pubblico alla traduzione come avviene in paesi non lontani da noi, penso alla Francia o alla Germania. Credo nell’associazionismo e nel lavoro di squadra, da una ventina d’anni mi impegno a livello nazionale e da dieci a livello europeo.
Perché a lei piacciono le sfide?
Perché mi piace misurarmi con nuove avventure. Però a volte l’entusiasmo prevale sulle mie energie…
Udine, avrebbe bisogno di qualche nota a piè di pagina?
Udine è una città incantevole, che offre molto. Se dovessi mettere una nota a piè di pagina, lo farei per esaltare le tante bellezze, eccellenze e iniziative che ci sono, per farle conoscere al mondo.
Lei conosce molte parole. Ce ne è una che le piace più di tutte?
La parola tolleranza.
Foto di Irene Francescutti
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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