Giordano Floreancig: “Siamo scesi troppo presto dagli alberi”!
Freddo, vento, e mare, sono i tre elementi che meglio lo rappresentano. Tormentato, usa il suo lavoro, come un antidepressivo. Vagabondo e ribelle, non riesce mai a dire di no a nessuno. Coraggioso e profondo, si definisce una persona fortunata, che non si è mai dovuta prostituire.
Perché Giordano Floreancig dipinge solo vólti, e molto materici?
I volti raccontano molte storie e mi affascina pensare che ognuno di noi ha due occhi, due orecchi, un naso e una bocca, eppure siamo tutti diversi. Uso anche molta materia per deformare i volti, pur sapendo che non sarà uguale uno all’altro come nella realtà.
Se i suoi quadri potessero parlare, cosa direbbero?
Sono volti deturpati, ironici, a volte inquieti. Spesso hanno le bocche spalancate come caverne o hanno le pozzanghere di colore al posto degli occhi. Ma direi che più che parlare, forse imprecherebbero.
Lei vive a Udine da 58 anni, come ha visto cambiare la città nel corso del tempo?
La città è cambiata molto, moltissimo, e non sembra in meglio. Ha perso la sua identità, la sua semplicità. Mi mancano molto i cinema in città, le osterie, quelle vere che erano alle nostre pagine gialle, perché se avevi bisogno di un idraulico, un elettricista o un geometra, a una certa ora lo trovavi al banco. Mi manca sentire il friulano negli uffici, come in posta, in banca, in ospedale, insomma, dappertutto. Non si sente più il profumo del minestrone che usciva dalle finestre delle case, così come i camerieri con la giacca bianca. E mi manca anche la libera uscita dei militari. In poche parole, mi manca quella città viva che è piena di gente a qualsiasi ora, dove anche i marciapiedi avevano la loro importanza.
Qual’è stato il più bel complimento che le hanno fatto?
Di complimenti e pacche sulle spalle se ne ricevono spesso, il più delle volte, di circostanza. Io non credo di aver ricevuto un complimento che mi abbia fatto montare la testa. Forse lo sto ancora aspettando.
Lei, crede nei giovani. Cosa si sente di suggerire a quelli della sua generazione?
Io credo nei giovani e li frequento anche molto. Ma la mia generazione è stata la più fortunata degli ultimi duemila anni, forse anche la più egoista. Una generazione senza guerra e con il boom economico. Sicuramente una generazione che ha fatto molti sacrifici ma ha avuto anche molti privilegi. Troppa gente della mia età fa ancora carte false per trovarsi un posto che conta. Gli suggerirei di fare un passo indietro e di lasciare spazio ai giovani.
Ci svela il segreto delle sue geniali istallazioni?
Non credo che ci siano segreti. Le installazioni devono dare un messaggio, devono emozionare, devono far pensare o creare dei dubbi. Le installazioni nascono per una denuncia, per una protesta, a volte dicono quello che altri dovrebbero dire. Ogni artista ha scelto una strada, io ho scelto quella che va diritta al cuore.
Cosa manca a Udine oggi?
Di certo non mancano eventi enogastronomici, mancano idee originali coraggiose e idee sia per i giovani che per gli anziani. Manca soprattutto uno spazio grande, importante per l’arte contemporanea.
Perché crede che dovremmo tornare a vivere sugli alberi?
Perché viviamo in un mondo pieno di ipocrisia, di regole, di burocrazia, dove ogni giorno ci viene tolto un pezzo di libertà. Adesso bisogna scegliere le parole che si dice, stare attenti perché se no si passa per razzisti, omofobi, sessisti, eccetera. Diciamo che più che tornare sugli alberi, forse siamo scesi troppo presto.
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la voce sintetica di Vittorio, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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