
Porsi domande: il motore essenziale dell’esistenza di Fabio Antonini
Visionario e indipendente, percorre la vita con curiosità. Ama rompere gli schemi e guardare oltre l’orizzonte, spinto da un’instancabile sete di conoscenza. Libero da convenzioni, difende con passione le proprie idee e crede nel potere del cambiamento. Intuitivo, vive con un piede nel presente e lo sguardo rivolto al futuro.
Fabio Antonini, può davvero starci tutto in un quadrato?
No, perché il quadrato è il mio lavoro, quindi è una parte di me, anche se è importante.
Lei è la base e Tommaso Vidus Rosin l’altezza: insieme formate un poligono regolare?
L’ambizione è quella ogni giorno di riuscire a creare questo poligono regolare e ci riusciamo con abbastanza regolarità. Ecco, no? Fa parte della difficoltà dell’essere bravi ogni giorno nel proprio lavoro. Ci si impone di essere quadrati, no? È una cosa a cui si tende e quindi generalmente ci riusciamo, ecco. Poi chi è la base e l’altezza è un po’ un gioco, nel senso che anche lì il quadrato è una figura regolare, la possiamo rovesciare e magari entrambi ci ritroviamo a un certo punto a essere due parallele e basta. Insomma, è un po’ un gioco anche.
È ancora vero che ascoltando si impara?
In assoluto sì, per quanto riguarda la mia esperienza, sì. Tornando al Lavoro è la, la base del lavoro. Se possiamo immaginare l’altezza come lo sforzo di andare verso qualcosa che non esisteva, eh la base è da cui partire è la capacità di ascoltare molto il proprio cliente per dargli quello che obiettivamente è e gli serve.
Perché le domande sono così importanti?
Perché ti permette, quando hai chiuso la domanda, di ascoltare.
Ghiotto di lettura, se scrivesse un libro, quale titolo avrebbe?
Non lo direi mai alla radio, perché probabilmente scrivendo il titolo di un libro avrei il coraggio di esprimermi in maniera anche molto provocatoria. E sarebbe il luogo giusto dove essere provocatori, perché passare in rassegna sul bancone di una libreria i titoli, le copertine dei libri e essere in quella, diciamo, esposizione, anche con qualcosa di provocatorio, vuol dire comunque farlo in una situazione mediata, meditata, tendenzialmente silenziosa, davanti agli occhi e all’immaginazione di persone curiose e quindi allenate a gestire la provocazione.
Ha sempre senso cercare la verità?
Sì, perché altrimenti cosa fai? Credo che per tutti sia… Ognuno poi ha la sua concezione, ovviamente, ma credo che sia il motore di tutto. Fa capo a quei “perché”, a quel domandare che nel mio caso è una cosa radicale, fondamentale, essenziale della mia vita, del mio modo di essere. Sono alla fine gli stessi “perché” che cominci a fare a un certo punto da bambino, no? La verità, la domanda, l’insoddisfazione, l’inquietudine sono tutte cose che secondo me permettono di vivere ogni tanto anche male, ma è la vita è quella roba lì anche.
È più orso quello dentro di lei o quello che vedono gli altri?
Sicuramente è più orso quello che vedono gli altri. È anche vero che quello che vedono gli altri è quell’orso che noi decidiamo, anche incoscientemente, di far trasparire. Quindi in realtà, a pensarci bene, è più orso l’orso che abbiamo dentro. E se l’orso, come dire, volendo essere meno teneri, è una parte dura, difficile del nostro io, o una delle parti del nostro io, e quindi sì, eh sono “è più orso questo o quell’altro?” anche lì, è una situazione dinamica.
Da non autoctono, cosa l’ha spinta a scegliere Udine come casa?
Una sensazione di benessere. Quando arrivi banalmente in piazza a Udine hai ancora adesso ho una visione che mi fa stare bene, cioè è proprio un bel posto. E poi ho scoperto piano piano che effettivamente lo è per il mio modo di essere, per la mia mentalità, per il mio… Così. C’è un’affinità elettiva. Nel 2009 ero davanti a un bivio, avrei potuto tornare in Veneto. Dei clienti udinesi mi hanno fatto dei ragionamenti mentre mi confidavo con loro di questa possibilità che mi hanno invece fatto sentire accolto e quindi ho scelto di rimanere qua perché degli udinesi mi hanno invitato a rimanere qua e non me ne sono mai pentito.
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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