Federico Mansutti, il paziente costruttore di emozioni e futuro
Si muove tra le emozioni con naturalezza ed è sempre attento a chi gli sta accanto. Custodisce ricordi e sogni come tesori, guidato da un’energia empatica che avvolge e ispira. Calmo in superficie, nasconde correnti interiori inesauribili.
Federico Mansutti, perché ha scelto di passare da musicista a imprenditore culturale?
Beh, ho scelto di smettere di suonare perché ho avuto la fortuna, fin da molto giovane, di fare esperienze professionali nell’ambito della performance musicale, specie in alcune in cui ho intravisto veramente il mondo dell’organizzazione, quanto mi ha affascinato vedere che, appunto, se l’organizzazione funziona in tutti i suoi aspetti, poi anche la performance avviene in maniera, secondo me, migliore. Quindi mi sono chiesto perché non mettersi da questo lato del palcoscenico e provare a creare anch’io delle condizioni sempre migliori per gli artisti.
In cosa Simularte si distingue dalle altre realtà culturali?
Simularte è un’impresa culturale. Noi ci occupiamo da un lato di eventi culturali, quindi cerchiamo un impatto sociale e culturale sul territorio in cui operiamo, e dall’altro siamo molto spinti verso l’avanguardia tecnologica per gestire la parte musicale, soprattutto una piattaforma verticale in ambito discografico, e quindi abbiamo a che fare quotidianamente con big data, intelligenza artificiale e chi più ne ha più ne metta.
Perché creare The Artist Garage?
Abbiamo creato questa piattaforma perché ci siamo resi conto, dal nostro background discografico, appunto, come questo mondo sta cambiando, è cambiato. Gli artisti ormai riescono a produrre molta musica, lo possono fare quasi autonomamente, quindi hanno bisogno di andare sul mercato, farsi ascoltare, farsi giudicare dal pubblico. E quindi abbiamo pensato di venirgli incontro creando una piattaforma che desse la possibilità di essere ascoltati in tutto il mondo sulle piattaforme più conosciute per l’ascolto in streaming e download e dando loro tutta una serie poi di analytics, di insights per capire effettivamente come sta andando la loro carriera.
Quali aspetti di Udine trova più stimolanti dal punto di vista creativo e culturale?
È molto stimolante al livello proprio del quotidiano vedere che noi possiamo andare in giro a testa alta dicendo che stiamo facendo impresa culturale, quindi sapere che in questa città, soprattutto la generazione precedente, la mia, ha saputo creare questo ecosistema in cui noi oggi ci troviamo ad operare senza dover dire cosa facciamo di lavoro, viene già compreso. Dopodiché il pubblico è sicuramente molto frizzante, vivo, ci dà molti feedback, partecipa e ci dà veramente l’occasione di crescere ogni anno con le nostre iniziative.
Cosa significa organizzare eventi culturali in modo sostenibile?
Beh, per fare ciò abbiamo deciso su base volontaria, effettivamente, di ottenere una certificazione a uno standard internazionale per l’organizzazione sostenibile di eventi. Ciò ha significato, appunto, procedurizzare ogni singolo passo, ogni singolo processo nell’organizzazione. Ci siamo soffermati non solo a chiedere cosa stiamo facendo ma come lo stiamo facendo. E noi oggi dobbiamo assolutamente seguire con fedeltà questo metodo che ci siamo autoimposti, diciamo, per effettivamente mantenere questo certificato.
Come immagina l’impresa culturale fra dieci anni?
Mi immagino un’impresa che sia capace di replicare i processi in altri territori, quindi riuscire ad esportare anche tante delle nostre produzioni che stiamo facendo nella nostra regione, nella nostra città. Devo dire che siamo molto bravi a importare prodotti culturali da altre parti d’Italia, d’Europa, del mondo. Mi piacerebbe vedere anche un po’ più di export.
Frenesia ed emozione sono i sostantivi della sua vita. Come convivono nella quotidianità?
Beh, per farli convivere prima di tutto ci vuole tempo e quindi le giornate, la quotidianità sono costituite da parecchie ore di volo, diciamo. In secondo luogo, trovare modo nella frenesia quotidiana anche di emozionarsi significa rimanere comunque sempre molto empatici e rivolgersi con molta curiosità alle cose di tutti i giorni, perché effettivamente un’emozione spesso si trova in cose veramente piccole su cui magari uno neanche ci fa caso.
Cosa la spinge a guardare sempre al futuro?
Beh, la consapevolezza che quello che stiamo facendo, ma in generale chi lavora nel mondo della cultura e dell’intrattenimento, ha dei percorsi veramente molto lunghi. A volte penso: è come sapere che devi far bollire cento litri d’acqua a un bicchiere alla volta e quindi non puoi sicuramente fermarti quando arrivi al primo litro e soprattutto per arrivare a cento litri d’acqua che bollono ogni bicchiere deve continuare a bollire. Quindi l’idea è che devi continuare a costruire un mattoncino alla volta senza perdere per strada neanche un pezzo, se no non ci arrivi.
Photo: ©️ Diego Muratore
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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