
Anna Masutti: “Non lancio messaggi, faccio politica dei diritti”!
Stabile e vivace, unisce la concretezza di chi sa costruire con pazienza alla leggerezza curiosa di chi ama esplorare. Determinata nei suoi obiettivi, sa sorprendere con intuizioni brillanti e conversazioni appassionate. Affettuosa e brillante, vive tra radici solide e ali leggere, trovando equilibrio nel movimento continuo.
Anna Masutti, lei si definisce una torta. Da quante fette è composta?
Mi piace molto l’immagine della torta perché mi riporta alla memoria ricordi di quando ero bambina. Mia nonna mi faceva questa grande torta con le fragole e la panna. La mia torta è sicuramente composta da cinque fette.
Cosa la spinge a vivere in branco?
Vivere in branco è proprio un’esigenza da quando ero piccola. Io ho sempre cercato di creare branco ovunque, quindi alle elementari io facevo i gruppi per andare in gita, per andare al parco. E poi crescendo è stata sempre un’esigenza quasi naturale, perché vivere in branco mi dà l’idea dell’aggregazione, della sicurezza, della protezione, ma anche del divertimento, della condivisione. Quindi per me non c’è un ragionamento nel vivere in branco, ma è proprio una naturale caratteristica mia. Fortunatamente ho sempre trovato persone con cui vivere in branco e quindi, insomma, sono stata fortunata.
Si innamora di uno svalvolato e scappa con l’uomo della sua vita. La passione è nel suo DNA.
Assolutamente sì. Direi che io sono un Toro ascendente Gemelli e quindi sono in costante e precario equilibrio tra razionalità e passione.
Cosa significa per lei, oggi, portare con sé l’insegnamento di suo marito che tutto è possibile?
Tra i regali grandi che mio marito mi ha lasciato c’è proprio questo mantra che lui sentiva profondo dentro di sé che tutto è possibile. Lui diceva sempre: si può fare. E abbiamo cresciuto le nostre tre figlie proprio con questa idea che si può fare tutto e lui effettivamente nella vita ha raggiunto tutto quello che voleva, anche i sogni più… Io gli proponevo le cose più incredibili e lui mi guardava serio, sorrideva, mi diceva: “Ok Anna, si può fare”. E quindi me lo farò tatuare questa scritta perché la sento mia adesso.
Infermiera per caso, gestisce lo studio del professor Robiony. Cosa vi lega come persone?
Noi siamo affini, abbiamo delle affinità elettive. Io credo che la cosa che ci caratterizza di più sia la grande passione per il nostro lavoro, la passione per il genere umano. E quindi c’è questa creatività partenopea che si mescola sapientemente, e anche in realtà per caso, alla mia razionalità friulana. Quindi direi che è un connubio che funziona da quindici anni ed è una bella parte della mia vita.
Da presidente di AGEDO, qual è il messaggio che vuole lanciare ai genitori di figli LGBTQIA+?
Non ho la presunzione di lanciare messaggi. So perché sto facendo attivismo. Allora, inizialmente mi risuonava l’accoglienza delle famiglie che si affacciavano dopo il coming-out dei figli e delle figlie al mondo LGBTQIA+. Adesso, invece, diciamo che si è un po’ sbiadita questa mia esigenza, questa mia voglia o caratteristica di accoglienza. Punto molto di più proprio sul fare politica, cioè su dire ai genitori siamo tutti coinvolti. Non serve avere figli e figlie appartenenti alla comunità per capire che c’è una disparità sul piano dei diritti. E quindi direi a loro: apritevi la possibilità di guardare tutte le sfumature dell’essere umano, in realtà, di imparare a saltellare fuori dal sistema binario che ha comunque caratterizzato la mia generazione. E direi soprattutto ai nuovi genitori o che si affacciano al mondo della maternità, imparare di capire e di godersi la libertà di espressione dei propri figli e delle proprie figlie.
Udine, dal punto di vista dell’inclusione di genere, è ancora una città di provincia?
Udine sta vibrando di una energia nuova. Io credo che si stia risvegliando dal torpore della città di provincia. C’è una rete di associazioni che si occupano dell’inclusione di genere. C’è una coordinamenta che raggruppa tutte le realtà LGBTQI+ della regione che si sta muovendo molto bene creando eventi, avendo anche un occhio di riguardo e di collaborazione con le istituzioni. Io credo che Udine abbia buone possibilità per diventare una città inclusiva.
Lei dice di nutrirsi di relazioni. Cosa cerca nelle altre persone?
Io ho un bisogno infinito delle persone. Io ho provato un dolore enorme nella mia vita e se non avessi avuto delle persone, che poi sono diventate la mia famiglia “Queer”, credo che non ce l’avrei fatta. Quindi io cerco la forza per vivere, per vivere bene, per essere felice, per-per affrontare la vita. Quindi sì, mi nutro di questa energia che le persone mi danno e devo ringraziare. Io non sono credente, ma insomma in qualche modo questo, questa energia mi ha salvato la vita.
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
UDINESI DENTRO lo ascolti anche sulle piattaforme Amazon Music, Spotify, YouTube Music, Apple Podcast