La festa di Primavera

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So e Nanà
So e Nanà
La festa di Primavera
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Il 20 marzo alle 11.45 della sera, inizia ufficialmente la primavera.

In quel momento esatto il sole attraversa uno dei due punti, nella sfera celeste in cui l’eclittica e l’equatore si intersecano: il cosiddetto equinozio di primavera. Il sole appare perfettamente allo zenit, il giorno e la notte hanno la stessa durata.

Adesso riuscite a capire perché gli animali sono così emozionati, è il giorno dell’equilibrio perfetto.

Al Bosco fervevano i lavori di allestimento. I picchi stavano aiutando a montare il palco, dove la Forest Rock Band si sarebbe esibita.

I fratelli Troc sfornavano torte di farina zanzarina e panpizetta da tre giorni senza sosta.

L’oca Nelia faceva provare ai piccoli, la canzone “Benvenuta Primavera”. Naturalmente i tre topini Guam, Zuzu e Sep inventavano le parole per far ridere tutti. La maestra era veramente arrabbiata, tanto da far chiamare Seba e Oro a sgridare i piccoli di casa.

Resi non sapeva come pettinarsi, cosa mettersi, non era la solita festa di fine inverno, era un evento unico, irripetibile, c’era un artista stasera in città.

“Perdinci bacco, Quirc non so come vestirmi, possibili che tu stia sempre a pensare a permessi edilizi e bonifica quando io non so cosa indossare? Puoi pensare un istante a me? Guarda, sento che sto per piangere.”

“Basta che ti cotoni bene il tuo splendido manto rosso e ti lisci la coda, infine potresti indossare questa coroncina di fiori di Betlemme che ho fatto fare per te, da Clum e Tea” rispose sorridendo il papero. Resi saltò dalla felicità, Quirc sapeva sempre risolvere tutto, ogni crisi la sventava sul nascere.

Era arrivato il momento di portare la grande opera nel Prato delle Primule.

Tutta la squadra di Picchi, Zummi, Indi, Manai, Issù, naturalmente So e Nanà, si riunirono allo studio per cercare di trasportarlo senza danneggiarlo.

Per precauzione il riccio lo aveva tutto impacchettato mettendogli uno strato di paglia come protezione.

Non fu un trasporto facile, man mano che si muovevano verso il Bosco, qualche selvatico si univa per aiutarli, all’arrivo erano il doppio che alla partenza.

So cominciò a curare l’allestimento, fu contento nel constatare che i suoi amici avessero seguito alla lettera le sue istruzioni.

Ormai non si poteva più tornare indietro, quello che era fatto era fatto, tanto valeva godersi la festa.

La fioreria degli opossum aveva fatto delle coroncine con i fiorellini spontanei, violette, primule, borragine, genzianella.

Per Nanà, So scelse quella con le violette, erano i suoi fiori preferiti, sicuramente le sarebbe piaciuta.

Alle sei e trenta precise, la Forest Rock Band, suonò il primo accordo.

L’evento era ufficialmente iniziato, il riccio era elettrizzato era la sua prima festa in assoluto, il suo primo concerto e la sua prima personale d’arte.

Guardava Indi suonare, gli piaceva quel genere musicale.

Nanà era andata ad aiutare le due ranocchie Silena e Grame, tutti volevano mangiare, bere e fare festa dopo tanto lavoro per organizzare tutto.

Quando la situazione fu sotto controllo, la gufetta prese due bicchieri di luppolosa, due fette di torta di farina zanzarina e andò a cercare il suo amico. Si era trovato un angolo tranquillo un po’ in disparte dove poteva ascoltare bene la band.

“Ho trovato il tuo nascondiglio”.

“Sei stata gentile ad aiutare le ragazze, come sempre” disse il piccolo riccio.

“Ho un pensierino per te” arrossendo le porse la coroncina

“Le violette del pensiero, i mie fiori preferiti” sorrise Nanà avvicinando la ghirlanda al cuore.

Si abbracciarono forte fortissimo, la serata trascorse tranquilla erano quasi le 11.45, l’opera sarebbe stata svelata proprio al momento del solstizio di primavera.

Insieme si spostarono verso la grande tela, il riccio sistemò gli ultimi dettagli, scartò il quadro, non c’era pericolo che qualcuno lo vedesse prima, era troppo buio, solo all’ora stabilita sarebbe stato illuminato dalle lampade lucciolose.

Issù invitò tutto il Bosco Pineta a radunarsi vicino all’opera.

Mancava un minuto, Nanà strinse forte la mano di So e gli disse: “non avere paura, ci sono io accanto a te”.

Il piccolo riccio ricambiò la stretta di mano, chiuse gli occhi proprio nel momento in cui si accesero le luci.

Un silenzio surreale invase tutto il bosco, non volava una mosca. I due amici erano abbagliati dalle lampade lucciolose, non capivano cosa stesse succedendo.

Passarono alcuni minuti, il riccetto guardò la sua amica e le disse: “Non voglio che tu sia costretta ad abbandonare il Bosco per colpa mia, qui ti vogliono tutti bene, tu devi rimanere io cercherò un altro posto”.

Si tolse la maschera da gufo e rivolgendosi alla comunità aggiunse: “Non dovete arrabbiarvi con Nanà, lei è la creatura più buona che abbia mai incontrato, io me ne andrò subito, ma dovete promettermi di proteggere sempre la mia meravigliosa amica dagli occhi arancioni.”

Quirc e Resi andarono incontro al riccio, la volpe lo abbracciò forte fortissimo, piangeva a dirotto.

Il papero balbettando per il turbamento emotivo provocato dalla visione dell’opera, gli disse che la sua arte era un grande dono per la collettività, un regalo impagabile perché permetteva a tutti di entrare in contatto con la bellezza, nessuno aveva mai visto nulla di simile a Bosco Pineta.

So guardò i musi dei selvatici erano tutti in lacrime, si stringevano l’uno all’altro ormai sopraffatti dall’emozione, non riuscivano neppure a parlare, avevano avuto la stessa reazione della sua amica.

Nessuno era interessato alla sua specie animale, erano solo incuriositi dal suo lavoro, non si capacitavano che fosse stato possibile creare un quadro così bello e realistico.

Il riccio aveva dipinto una grandissima natura morta adagiata su un grande tavolo di legno immerso nel bosco, voleva essere un invito alla condivisione e alla convivialità. A cinque metri di distanza dalla tela aveva allestito un tavolo apparecchiato esattamente nello stesso modo, aveva così creato un effetto ottico molto suggestivo, era difficile distinguere la realtà dalla finzione.

I selvatici erano quasi intimoriti da tanto splendore, infondo l’unico incanto che conoscevano era quello della natura.

Zummi si avvicinò al riccetto era molto commosso, gli domandò: “Ti dispiace se tengo il tuo foglietto con gli appunti, mi piace tanto il tuo disegno.”

So era sbalordito: “posso fare un disegno più bello, questo era solo uno schemino per allestire il tavolo” rispose arrossendo.

“Voglio un ricordo di questo magico solstizio di primavera.

Oggi tu sei entrato in casa nostra portandoci la bellezza e la felicità.

Nanà come sempre, ha capito tutto, ha saputo vedere con i suoi grandi occhi arancioni quello che c’è oltre allo sguardo, ciò che sei veramente, senza fermarsi all’apparenza. Infondo si sa, che i gufi come i gatti sono animali di mezzo, un po’ terreni e un po’ celesti, hanno la magia dentro.”

Sorrise al piccolo artista, poi a voce alta aggiunse: “Chi l’avrebbe mai detto che un riccio, anzi che un gufo spinoso reale siberiano in via di estinzione fosse un animale così speciale”. Il cinghiale strizzò l’occhio ai selvatici che ricambiarono l’occhiolino con una risata.

Il Bosco si strinse intorno a So, tutti volevano sapere come aveva fatto a creare una cosa così speciale.

Nanà era volata sul ramo dell’albero di fronte, voleva assistere al successo del piccolo riccio. Indi la raggiunse aveva due bicchieri di luppolosa in mano.

“Brindiamo amica mia!”

“Certo che brindiamo.” Sorrideva felice la gufetta, mentre guardava dall’alto il suo amico So entrare con tutti gli onori nella comunità di Bosco Pineta.

Sollevarono i due bicchieri e dissero come fosse un rito magico: “ai sogni fatti in grande, ai desideri condivisi e alle nuove amicizie.”


I racconti del riccio So e della gufetta Nanà, è un testo originale di Nicoletta Agosto, la voce narrante è di Renata Bertolas, la produzione e il sound design sono di Michael Hammer.

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Autore

  • Nicoletta Agosto

    Da bambina voleva diventare una pianista, una trapezista del circo o una Charlie’s Angels... Crescendo le idee sono cambiate tuttavia, sono rimaste sempre confuse. Durante questa lunga ricerca di senso su quale fosse esattamente il suo ruolo nel mondo, ha viaggiato molto, studiato filosofia ed imparato ad amare l’arte. Abita a Udine insieme al marito, alla figlia e al gatto Ortensia.

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