Tiziana Paolini: La mia giornata è fatta di volontà, passione e positività
Nata ad Avezzano in provincia dell’Aquila, si diploma all’Istituto Magistrale, e successivamente si Laurea in Giurisprudenza a Roma. Insegnante fino al 1999, vince un concorso, iniziando così la carriera di funzionario, presso diverse carceri del nord Italia. Nel 2019 arriva da Belluno in missione a Udine, e nel 2023, diventa la direttrice del carcere della nostra città.
Tiziana Paolini: Quale motivazione l’ha spinta a lavorare in carcere?
Dopo la laurea ho provato diversi concorsi pubblici. Inizialmente avrei voluto fare il notaio, poi invece mi sono guardata attorno e un giorno, sul bollettino ufficiale, ho visto il concorso. Ho quindi detto: “Perché no? Proviamo”. Contemporaneamente avevo provato anche altri concorsi, però alla fine ho scelto questa amministrazione. Avevo già iniziato a lavorare qui e con il tempo mi sono appassionata.
Come bilancia il ruolo di direttrice con la sua vita personale?
La difficoltà è stata soprattutto quando il mio figlio era in tenera età. Ricordo che all’età di quattro anni sono stata assegnata al carcere di Rovigo in missione continuativa. Vuol dire che avrei dovuto rimanere lì a Rovigo sempre da lunedì al sabato. Per contemperare le due esigenze ho deciso invece di viaggiare ogni giorno. E quindi partivo il mattino alle 6:00 e tornavo la sera per dare la buona notte a mio figlio, perché poi era piccolino, per cui il tempo di leggere il libro, di farlo mangiare, andava subito al letto. Con il tempo poi mio figlio è cresciuto, sono riuscito a tornare a Belluno e quindi chiaramente la gestione è stata più semplice. Posso aggiungere che in tutto questo sono sempre stata sostenuta da mio marito. Questo è stato importantissimo, anche adesso.
Un carcere sopportato, o supportato dagli udinesi?
Io devo dire che il carcere di Udine è supportato dagli Udinesi, perché tante sono le diverse associazioni che operano in carcere e che danno sicuramente un contributo fattivo alla gestione dell’istituto, sia in termini economici, e mi riferisco anche alla Caritas, che per diverso tempo ha supportato anche le persone meno abbienti, ma anche le associazioni in genere con varie attività. Quindi devo dire, è sicuramente supportato. Siamo supportati anche da un garante, il dottor Corleone, che sicuramente ha dato un ottimo contributo nella gestione dell’istituto in generale.
Ci svela i segreti di una direzione tutta al femminile?
Devo dire che il Carcere di Udine effettivamente è tutto al femminile. Il direttore, il comandante, abbiamo l’area educativa al femminile, abbiamo il capo area segreteria e abbiamo anche il capo area contabile. I segreti sono innanzitutto una complicità che si crea tra le donne. L’altro aspetto è che le donne sono molto metodiche e precise, quindi molto determinate, e questo in un lavoro come il carcere aiuta tanto.
Come gestisce lo stress e le pressioni associate al suo lavoro?
Con il tempo ho imparato a gestirle. È chiaro che l’esperienza aiuta. Inizialmente, e sicuramente c’erano più e più stress. Ho imparato a razionalizzare. Quando accade qualcosa, prendo le giuste distanze e quindi cerco di decidere in maniera oggettiva. Poi è chiaro che comunque c’è un ritorno, magari anche a posteriori, però probabilmente è anche un aspetto del mio carattere.
Aperto nel 1925, oggi il carcere di Udine, di cosa ha bisogno?
Il Carcere di Udine negli ultimi tempi ha avuto un notevole cambiamento, e il cambiamento è in divenire. Alcuni progetti sono già stati finanziati, altri sono in via di realizzazione, ma sicuramente si farà. Nel giro due o tre anni il Carcere di Udine cambierà volto completamente. Quello che mi auspico è che venga integrato anche il personale. Mi riferisco soprattutto al personale di Polizia Penitenziaria, perché negli anni le nuove assegnazioni sono riusciti a coprire i trasferimenti, ma solo parzialmente, e molto poco i pensionamenti.
La sua attività di insegnante scolastico l’ha aiutata nel lavoro che oggi svolge?
Assolutamente sì, mi ha aiutato nell’approccio con i detenuti. Una metodologia, diciamo, alcune volte, molto accogliente, quindi a capire un po’ la psicologia del detenuto. Mi ha aiutato quindi a instaurare, diciamo, rapporti costruttivi, non di conflitto.
Quali sono gli aspetti più gratificanti del suo lavoro?
Innanzitutto il riconoscimento sociale. E questo non lo posso negare. Ma soprattutto a me quello che appaga, sembrerà una cosa banale, è tornare la sera a casa con la consapevolezza di aver svolto il mio lavoro. Sono rare le giornate in cui io cui io non provi questa sensazione. Questo perché ogni giorno cerco di mettere tutta la mia volontà, la mia passione, affinché la giornata sia una giornata positiva e propositiva.
Casa Circondariale – ANTONIO SANTORO
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la voce sintetica di Vittorio, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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