Toni Capuozzo: “Le radici sono un elastico…”
Asciutto, diretto e talvolta tagliente, ama ricordare il passato per comprendere il presente. Avventuroso, ama esplorare il mondo, e condivide le sue esperienze attraverso un linguaggio onesto. Ottimista ed entusiasta, è una persona generosa, che ama definirsi un gran lavoratore.
Perché Toni Capuozzo passa spesso a Udine?
Per ragioni affettive, principalmente perché sono sempre rimasto legato alla città in cui sono cresciuto, perché le radici sono un elastico. Quando sei giovane non vedi l’ora di andartene, quando invecchi tendi a tornare ad aggirarti sui luoghi in cui sei stato bambino.
Come l’ha influenzata crescere in alto a destra sulla cartina geografica?
Credo che mi abbia influenzato molto. Io sono figlio di genitori che venivano da parti lontane culturalmente, mia madre veniva da Trieste e lontane anche geograficamente perché mio padre veniva da Napoli. Però credo di aver preso molto del carattere friulano nel dare un po’ più importanza ai fatti che alle parole, nonostante che io lavori con le parole. Nel senso di concretezza, in quel modo che si dice così volgarmente dire pane a pane, vino al vino. Insomma, una certa semplicità nello stile di vita, nell’espressione, nella comunicazione.
Molti sono i conflitti che lei ci ha raccontato. Perché l’essere umano ha bisogno della guerra?
Io non credo che ne abbiamo bisogno. Credo che purtroppo la guerra sia una delle possibilità che stanno davanti all’uomo. Noi siamo la prima generazione che invecchia senza aver visto da vicino una guerra ed è una fantastica fortuna di cui a volte non ci rendiamo conto. L’uomo può scegliere tra il bene e il male, ognuno di noi può scegliere tra il bene e il male, e non per sempre. La guerra è un’opportunità, quando scegli il male è una tentazione e a volte è la fine della ragione.
Nel 1969 era in piazza Libertà con il movimento studentesco. È vero che nella vita si nasce incendiari e poi si diventa pompieri?
È un modo di dire divertente, è vero. Non sempre vero. Io conosco delle persone che sono state pompieri da giovani e sono diventati incendiari in vecchiaia. Nel mio caso, sicuramente, penso di essere stato un acceso rivoluzionario in gioventù. Pompiere dà l’idea di ruolo un po’ troppo nobile, di salvatore di vite. Però con gli anni sono diventato più paziente. Quindi è un modo di dire semplice, un luogo comune, ma i luoghi comuni a volte sono veri.
Nel suo ultimo libro racconta l’Italia. Ha scoperto perché nessuno più canta per strada?
Quello è un libro che ho raccolto degli articoli scritti negli anni ’80 perché sono rimasto affezionato alla scrittura, è una cosa che mi piace, nonostante poi gran parte del mio lavoro sia svolto in televisione. Avevo in mente un’Italia di cui Udine era un angolo che funzionava come uno specchio, cioè un’Italia di piccole città in cui il garzone del macellaio, nel mio caso, sotto casa mia in Piazzaal Cella, andava al lavoro con il triciclo cantando, in cui il lattaio cantava. Era un mondo un po’ più allegro in cui capitava di sentir cantare per strada.
Con quello che succede nel mondo, noi udinesi, viviamo ancora in una terra di confine?
I Friuli in parte automaticamente, pur essendo un posto piccolo chiuso ai bordi d’Italia c’è la familiarità col Canada, col Belgio, con l’Australia, con la Svizzera. Penso agli anni del Made in Friuli, dopo il terremoto, ha coltivato una sua vocazione a fare del confine un’opportunità. Bisognerebbe continuare a farlo con più immaginazione.
Come immagina il futuro di Udine?
Udine futuro a me sembra inevitabile per me paragonarla a quello del passato. È un Udine un po’ più anziana, un po’ più simile al resto di Italia un po’ meno marginale, però la marginalità aveva un suo fascino. Sono passato prima davanti alla 4 novembre, che era la mia scuola elementare, dubito che ci sia le classi di 30 bambini come erano quelle del mio tempo, no? Cioè è invecchiata Udine come il resto d’Italia insomma, questo può piacere o non piacere, questo non importa, però è cambiato.
Dottor Capuozzo, il suo cuore, batte forte ancora?
Sì, con controlli semestrali, ma sì.
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la voce sintetica di Vittorio, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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