Silvia Pavoni: “Lottare contro le ingiustizie è il mio modo di essere”

Ascolta
Udinesi Dentro
Silvia Pavoni: "Lottare contro le ingiustizie è il mio modo di essere"
Loading
/

Silvia Pavoni: “Lottare contro le ingiustizie è il mio modo di essere”

La sua natura, spazia tra cielo e terra a ritmo di jazz. Sensibile alle esigenze altrui, eccelle nelle interazioni sociali. Paziente, è capace di cambiare direzione quando è necessario. Coerente, combatte contro le ingiustizie, e non si prende mai troppo sul serio.

Silvia Pavoni: come si diventa la direttrice di The Banker?

Si diventa direttrice di The Banker, che è una pubblicazione storica del gruppo Financial Times, con perseveranza, con un po’ di fortuna e lavorando sodo.

Quando, la “ragioniera creativa”, comprende la sua strada?

Mi fa piacere parlare del fatto che sia ragioniera perché è un punto di partenza insolito, improbabile per quello che faccio ora. Chiaramente chi è ragioniere tendenzialmente tende a fare una cosa più pratica, mentre il mondo del giornalismo è visto ancora come un mondo di elite, è forse un mestiere che viene visto come nobile. Il fatto di esserci arrivata a fare questo mestiere spero che possa dare un po’ di ispirazione ad altri che potrebbero sentirsi, forse fuori da determinati schemi, ma sentendo il desiderio di fare altre cose, di avere altre ispirazioni. Diciamo una porta a me si è aperta quando finalmente mi sono decisa a fare una richiesta di un anno all’estero. Durante l’università ho vinto una bolsa di studi e poi da lì si è aperto un po’ un mondo e un orizzonte un po’ più ampio.

Qual è il suo legame con Udine?

È un legame di affetti, sono molto legata ai miei genitori, sono legata a un gruppo di amici, tanti dei quali poi ho conosciuto all’estero, quindi hanno anche loro delle esperienze straniere, ma che sono di Udine, sono di qui. Mi piace anche il fatto che questa sia una terra di confine, quindi è una terra che è complessa, che ha una storia interessante, ma è anche una terra fatta di cose semplici.

Può condividere con noi il suo impegno nel ridurre il divario di genere?

È un un impegno che spero di riuscire a fare, di sostenere in vario modo. A The Banker comunque c’è un impegno, un’attività molto seria nel coinvolgere il pubblico femminile, quindi cerchiamo di dare spazio a voci femminili e c’è un intero programma proprio del gruppo Financial Times che si occupa di questo.

Faccio anche parte in modo attivo di altre organizzazioni a Londra, Women of the Future, che è un programma molto interessante, collaboro con un’altra organizzazione basata a São Paulo, in Brasile, che poi si espansa in tutta l’America Latina, che si chiama Women in Leadership in Latin America, e sostengo il progetto Alley O0p, del gruppo, sulle 24 Ore. A livello più personale spero di riuscire a dare un buon esempio a mio figlio, che è un ragazzino di 15 anni, che vede sua mamma che lavora, si impegna e allo stesso tempo spero di riuscire a seguirlo in modo adeguato.

Lottare contro le ingiustizie, è una sua necessità o il suo modo di essere?

Lo definirei un modo di essere, una cosa che mi è sempre venuta naturale sia da bambina. Non so se riesco a farlo in modo efficace, ma è davvero un modo di essere, quello di denunciare le cose che vedo sbagliate e agire di conseguenza.

Quali sono le cose importanti che la fanno stare bene?

I rapporti personali sono la cosa che secondo me è il mio motore principale, la fonte di energia più importante, e cerco di curarli il più possibile, nonostante una vita piuttosto intensa che mi divide tra gli impegni lavorativi, tra gli impegni di genitore e tra tutte le altre cose del mondo dell’essere adulto.

Sulla bilancia di Silvia Pavoni, ci sono più ambizioni, o stimoli?

È sempre una domanda che mi sorprende, perché non ho la risposta su che ambizioni hai. È sugli stimoli, però sì. Quindi normalmente la cosa che mi spinge sono gli stimoli. Ho delle ambizioni che sono legate a quello che faccio, i miei progetti. Voglio che crescano in un certo modo, che si sviluppi in un certo modo, che siano utili. Cerco di impegnarmi in cose, di usare il mio tempo, la mia energia in cose che poi spero siano di utilità, di interesse, ma di nuovo il motore principale è quello dello stimolo.


UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la voce sintetica di Vittorio, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.

UDINESI DENTRO lo ascolti anche sulle piattaforme Amazon Music, Spotify, Google Podcast, Apple Podcast

Se indossi una maschera che funziona, è ora di cambiarla!

A 18 anni entro a far parte dello staff di una radio locale e nel 1989 sono a lavorare per RADIO ITALIA NETWORK.
Ideatore del programma radiofonico techno MASTER QUICK tra il 1992 e il 1995 produco alcuni dischi: il più famoso è BARRACA DESTROY.
Divento Direttore Artistico di RADIO ITALIA NETWORK nel 1996 e fui il primo in Italia a credere che la gestione e la messa in onda della radio dovessero avvenire attraverso i computer.
Nel 2000 approdo alla casa discografica HIT MANIA in qualità di direttore generale lanciando il fenomeno LUNA POP.
Nel 2001 ritorno alla radio e seguo lo start up del progetto RADIO LIFE GATE.
Dal 2002 al 2007 mi occupo di consulenza artistica per agenzie pubblicitarie e web company e parallelamente entro nel mondo del fitness ottenendo diverse certificazioni, dal Pilates al Rowing, dallo Spinning al BOSE ecc.
Dal 2008 sono Product Manager del prodotto leader nel mondo per la programmazione radio-televisiva MUSIC MASTER.
Nel 2011 costruisco assieme ad Alessandro Bellicini il progetto digitale di GOLF TODAY e in seguito per le testate AMADEUS e SCI. Nel 2019 portiamo il know-how all’editore PUBLIMASTER per le testate GOLF&TURISMO e SCIARE. Nel 2021 fondiamo la 3Mind che realizza il progetto NOTIZIE GOLF che poi lascio nel 2022.
Lo sport ha preso il sopravvento e sono diventato un Triathleta! Un cancro nel 2019 avrebbe potuto fermare tutto, ma grazie al reparto oncologico di Udine sono ancora qui, con il mio tumore, a raccontare un'altra storia.
Obiettivi futuri? Un Iroman prima dei 60 anni e costruire una palestra radiofonica dove insegnare ai ragazzi a fare la radio libera! Lo so, sono progetti utopistici, ma bellissimi.