Rita Maffei “Impossibile vivere senza empatia”
Guidata dalla sua innata curiosità, è un’intellettuale assetata di conoscenza. Diplomatica e razionale, ha una propensione naturale all’equilibrio, e alla risoluzione dei problemi. Estrosa e socievole, possiede un fascino spontaneo, con il quale calca il palcoscenico della vita.
Rita Maffei, ma non doveva diventare una traduttrice?
Volevo diventare una traduttrice. Però ho incontrato il teatro. Prima ho incontrato la musica, poi ho incontrato il teatro. E quindi probabilmente questo desiderio di tradurre da una lingua all’altra il pensiero, le emozioni di qualcuno, si è trasferito prima nella musica e poi nel teatro. In effetti è il lavoro che faccio.
Quando ha capito che voleva fare l’attrice?
Ho capito che volevo fare teatro nel momento in cui vidi sul palcoscenico di Teatro Contatto, la prima stagione del CSS, che oggi è il Teatro Stabile d’Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Carmelo Bene e l’utilizzo che lui fece della sua voce e dei versi mi fece capire che poteva esserci qualcosa di più oltre alla musica, oltre alla musicalità.
Come può definire con tre aggettivi l’esperienza dell’Ecòle des Maîtres?
Stimolante, internazionale e estremamente creativo al di là dei confini. Perché l’Ecòle de Maîtres è una scuola che ti mette a confronto con i grandi maestri della scena europea, ma anche con le città europee, anche con gli altri colleghi europei.
Come mai sceglie Udine per coltivare la sua carriera?
Perché qui sono nata e mi sono resa conto che noi eravamo la prima generazione che poteva far sì che questo mestiere, il teatro, si potesse fare nella nostra città. La nostra generazione è stata la prima che l’ha fatto e abbiamo fatto questa grande scommessa di poter continuare a vivere nella propria città facendo teatro e creando l’opportunità anche per chi viene dopo di noi, di poter fare questa scommessa.
Cosa ha significato interpretare “Tracce di un sacrificio”?
È uno spettacolo che ha davvero segnato la mia vita, oltre che la mia carriera. Uno spettacolo che ha girato per sette anni e all’interno del quale, in una scenografia diciamo interattiva, si direbbe oggi, gli spettatori entravano e seguendo insieme a noi, all’interno di stanze, celle, corridoi, quello che era il destino di Alcesti e del suo compagno Admeto, per il quale Alcesti scelse di donare la propria vita.
Da Presidente del CSS, Udine, cosa rappresenta?
Un centro, un punto di riferimento con molti raggi di propagazione, nel senso che noi lavoriamo come teatro stabile, quindi strettamente legati al nostro territorio, ma sempre con uno sguardo volto all’Italia e sempre con uno sguardo volto all’Europa, ai Paesi con cui collaboriamo e ogni tanto anche al di là.
Qual’è il segreto per mantenere sempre alta la componente innovazione nel teatro?
Stare nella contemporaneità. Se si vive nel qui e ora è inevitabile farlo. Non guardarsi mai indietro per nostalgia, ma per cogliere nuove forme di interpretazione della realtà contemporanea. E quindi anche i linguaggi, gli strumenti teatrali diventano quelli dell’oggi e forse in alcuni casi, anche quelli del domani.
Qual’è il rapporto speciale che create con il vostro spettatore?
Noi siamo convinti del fatto che la nostra comunità è fatta dagli artisti, dai tecnici e dagli spettatori. Perché un teatro stabile deve avere un rapporto strettissimo con il proprio pubblico, non soltanto considerandolo come coloro che si siedono in platea, ma anche come coloro con i quali co-creiamo le nostre proposte. E questo ha creato appunto una comunità di riferimento di persone che ci seguono ormai da tanti decenni.
L’empatia, è il suo segreto sul palco e nella vita?
Io credo che senza empatia non si possa vivere ed essendo il teatro, l’arte della vita, l’arte delle relazioni, l’empatia è ciò che ci mette in relazione con gli altri. E come si fa a vivere senza questo?
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la voce sintetica di Vittorio, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
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