Arturo Picca: Le opere parlano da sole, non vanno spiegate
Artista napoletano dalla personalità poliedrica, possiede fin da bambino un talento per il disegno. La sua vita è segnata da una continua ricerca. Riflessivo e curioso, trova ispirazione in ciò che lo sorprende. Non ama gli stereotipi e considera il rispetto fondamentale.
Arturo Picca, artisti si nasce o si diventa?
Se si guarda il vocabolario, probabilmente artisti si diventa, perché l’artista è chi fa una cosa a livelli altissimi e per farla a livelli altissimi bisogna impararla nel tempo. Però oggi l’immaginario, che vede invece nell’artista più un carattere, un modo di vivere, a volte uno sfigato, perché poi fa sempre, spesso fa una brutta fine, per cui forse in quel caso si nasce. Per cui possiamo dire che alla fine dipende dai punti di vista.
“Niente è meno artistico di un curriculum”, ma il suo è piuttosto corposo!
Il curriculum è un lavoro di tipo burocratico, come dire, è un documento. E secondo me chi fa l’artista o chi entra in quest’ottica non si occupa di queste cose. Infatti, mia moglie a volte mi prende in giro e mi chiama così proprio quando mi rifiuto di fare certe cose burocratiche. Dice: Tu sei un artista, come dire: Vabbè, a te queste cose… E che è anche un po’ offensivo perché, insomma, ti dice anche che sei un incapace, almeno su certe cose.
Come ha gestito il suo talento?
Io ho scoperto in realtà di avere un talento molto tardi. L’ho scoperto con mia figlia. Quando mia figlia è cresciuta ho visto che lei disegnava benissimo senza che io avessi voluto insegnargli niente, proprio per lasciarla libera. E l’altro figlio, invece, non disegnava affatto bene. Solo lì ho capito che effettivamente io avevo questa cosa che credevo che avessero tutti e che, invece, hanno in pochi. Quindi diciamo che me la sono giocata male, anche perché sono una persona abbastanza poco socievole. E questo col tempo alla fine, un po’ lo paghi perché ci vuole sempre una specie di struttura, un’organizzazione che ti appoggia e ti spinge.
Perché ha deciso di aprire il suo atelier nel centro di Udine?
Perché secondo me prima di tutto è una città in cui mi trovo molto bene, una città a misura di uomo, dove si possono fare certe cose, dove c’è abbastanza spazio per fare certe cose, a differenza di altre città, come quella da cui arrivo, dove in realtà c’è talmente tanta roba che se tu fai cose, risulti anche antipatico. Per cui la città a me è piaciuta ed è la giusta proporzione, secondo me, la giusta dimensione, il giusto rapporto, soprattutto con l’elemento naturale, che per me è fondamentale.
Cosa le manca di Napoli?
Naturalmente, si potrebbe dire il mare, anche perché io affacciavo, da casa mia affacciavo sul mare. Però, devo dire la verità, oggi come oggi, a parte quello di Napoli, mi manca la cucina. I friulani hanno tanti pregi, però indubbiamente sulla gastronomia, quella del sud, per me a qualche punto in più. Prima mi mancava anche il caffè, però negli anni a Udine il caffè è cambiato e adesso ci sono dei bar che secondo me fanno degli ottimi caffè, quindi quello non mi manca più.
Che ruolo ha la curiosità nella sua vita e nella sua arte?
Io sono molto curioso. Di questa curiosità sicuramente fa parte la mia storia, perché un giorno ho conosciuto una donna friulana, tra l’altro su una chat non di incontri perché a quel tempo non esisteva, e l’ho sposata in realtà quasi non conoscendola, cioè veramente ci eravamo visti pochissime volte. E quello è stato un lancio del dado che mi ha portato qui in un posto che io dicevo per me stava solo scritto nei libri di geografia. E la cosa è andata bene.
Lei non solo dipinge e modella; scrive.
Normalmente dipingo quando mi viene un’idea, però a volte le idee non sono visive. Sono di tipo concettuale, soprattutto alcune sono di tipo temporale e quelle non le puoi rappresentare visivamente. Quindi poi ho cominciato ad appuntarmele e poi ho cominciato a curarle sempre di più fino a crearne dei veri e propri raccontini, a cui poi ho aggiunto anche come possiamo dire una veste grafica, per dare tempi, ritmi e anche una certa estetica alla pagina, si poteva intervenire sempre con elementi della scrittura, quindi con caratteri, spaziature. Però è una cosa che faccio così per divertimento, poi la raccolgo in dei libretti che restano lì.
Le sue opere possono essere definite in qualche modo?
Quando i critici scrivevano delle mie opere, io ero sempre molto scontento, lo trovavo sempre una cosa sminuente. Mi sono accorto che il problema era più grave quando ho scritto io le presentazioni delle mie opere, e anche quelle non mi sono piaciute. Per cui l’unica importanza dell’opera è proprio l’opera. E quella dice tutto, secondo me. Cioè, quella ti dice tutto. Se non la capisci, se non ti basta, ci possiamo raccontare moltissime storie, però in realtà sono tutti elementi secondari e a volte anche fuorvianti.
UDINESI DENTRO è un podcast originale di Michele Menegon, la voce della sigla è di Gianmarco Ceconi, la musica di Massimo Cum, la post produzione e il sound design di Michael Hammer.
UDINESI DENTRO lo ascolti anche sulle piattaforme Amazon Music, Spotify, YouTube Music, Apple Podcast