Una sorpresa per So

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So e Nanà
So e Nanà
Una sorpresa per So
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Mentre So dormiva ancora, Nanà andò da Zummi al mulino, gli raccontò che per fare i pennelli, aveva bisogno di una manciata dei suoi peli.

Il cinghiale rise di gusto, gli porse una spazzola dicendole: “basta una passata con il pettine a denti stretti, e vedrai quanti pennelli potrai fare”.

Ridevano i due animaletti, Nanà spazzolò per bene il muso, la schiena e il collo, aveva raccolto tantissimo pelo. Oggi So avrebbe avuto tutto ciò che gli serviva.

La gufetta ringraziò il cinghiale, e tornò al nido, So si era appena svegliato.

“Dove sei stata? Mi sono spaventato, ti ho chiamato e non c’eri”.

“Guarda cosa sono andata a prendere? Vedi So, adesso potrai fare tantissimi pennelli”

Il ricetto abbracciò forte fortissimo Nanà, era la sola cosa che gli mancava per iniziare a dipingere. Raccontò alla sua amica che aveva delle idee, e che non vedeva l’ora di buttare giù alcuni schizzi.

“Prima di cominciare un’opera, bisogna sempre fare un bozzetto, è fondamentale, per capire le proporzioni, e dare armonia al quadro” disse infilandosi il mantello da gufo.

“Oggi verrà per un sopralluogo Flic, tu cosa vuoi fare, vuoi aspettarlo o preferisci andare in laboratorio?”.

“Vorrei cominciare subito a lavorare, devo finire di sistemare lo studio, ho moltissime cose da fare”

“Prendi le pentole e le ciotoline che hai messo via ieri sera, ti accompagno in laboratorio, poi tornerò subito a casa ad aspettare la squadra di picchi, quando avrò finito con loro, approfitterò per fare un po’ di spese prima della lezione di lettura ai piccoli di casa Troc.

Appena terminato verrò ad aiutarti.

Portati un po’ di frutta e alcuni biscottini per merenda, puoi metterli dentro questo cestino.”

“Sicura che non ti dispiaccia aspettare da sola Flic?”.

“Prepara tutto, ti porto in studio”.

Sorrideva sempre Nanà, era molto difficile decifrare il suo vero stato d’animo, non si capiva mai cosa pensasse in realtà. Forse, questo mistero era accentuato dalla immobilità dello sguardo, dovete sapere che i gufi non muovono gli occhi, ma in compenso possono ruotare la testa di ben 220 gradi. Sono animali imperscrutabili, creature che amano la notte, e che sanno mimetizzarsi molto bene grazie al loro piumaggio, quindi meglio non giocarci a nascondino.

In un attimo atterrarono al tronco, So era felice saltellava con aria sognante reggendo tra le zampette il cestino e le pentoline.

Nanà lo salutò e spiccò subito il volo.

Puntualissima arrivò la squadra di Flic, provarono a picchiettare un po’ qui e un po’ là le pareti del tronco.

Erano tutti d’accordo, la quercia era sanissima, ricavare più spazio sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Dissero a Nanà che potevano iniziare subito, la squadra era al completo, sei picchi tutti assieme, non capitava spesso di averli per un unico lavoro, avrebbero finito tutto in mezza giornata, se necessario avrebbero picchiettato tutta la notte pur di finire prima delle luci del giorno.

Non era un lavoro complicato, si trattava solo di scavare il tronco.

La gufetta era felicissima, ringraziò uno ad uno i picchi, poi chiese a Flic come sdebitarsi.

“I ragazzi, vorrebbero imparare la lingua degli animali dell’Est.”

Tutti e sei i ragazzi annuirono con il capo.

Era una lingua difficile, ma volevano andare a trovare i loro parenti balcanici, non gli interessava parlare benissimo, giusto i fondamentali solo per riuscire a capirsi. Si accordarono per le lezioni un’oretta tutti i pomeriggi dalle cinque alle sei.

Nanà volò verso la pasticceria dei fratelli Troc, comprò due torte, della panpizzetta, delle focaccine di farina di riso, biscottini di zucca, e di papavero. Poi salì al piano di sopra dove i piccoli di casa Troc, la stavano aspettando pronti con i libri spalancati.

Due ore dopo, salutò i suoi studenti; Mela e Bebe le due topine più giovani avevano fatto dei grossi miglioramenti, mentre Zuzo, Sep, Guam, non si impegnavano. Non avevano fatto altro che tirarsi le codine e mille scherzetti per tutta la lezione, ben due volte Nanà aveva dovuto sgridarli.

Doveva passare ancora in taverna a comprare la luppolosa, era un po’ preoccupata, ieri sera Indi si era comportato in modo strano.

Arrivata al locale, Silena la fidanzata del suo amico pettirosso, era in lacrime.

“Cosa succede? Perché piangi?” domandò Nanà preoccupata.

“Non è successo niente. Il tuo amico oggi è intrattabile. Ha alzato la voce con tutti, è stato scortese ed io adesso me ne vado, oggi alla taverna si dovrà arrangiare da solo” rispose la ranocchia.

La gufetta non riusciva a credere alle sue orecchie, il suo amico non alzava mai la voce, era uno degli animali più gentili che avesse mai conosciuto.

Entrò nel locale, Indi era seduto sullo sgabello, le ali appoggiate al bancone sorreggevano la testolina.

“Cosa c’è che non va? È da ieri sera che sei strano?

Il pettirosso si voltò aveva gli occhietti tutti rossi, si capiva che aveva pianto.

“Vattene via, con te non voglio parlare mai più, dovete lasciarmi tutti in pace!”.

Nanà si avvicinò, allungò un’ala per fargli una carezza.

“Anche se non vorrai parlarmi più, io continuerò a volerti sempre tanto bene, perché non so fare altrimenti” disse la gufetta con dolcezza.

Indi scese dallo sgabello e abbracciò la sua amica forte fortissimo.

“Scusami per ieri sera. Perdonami, sono stato molto scortese con tuo cugino, ma ero geloso. Io mi prendo cura di te da sempre. Sono io il tuo amico, lui non sa niente. Non voglio che un estraneo venga a portarti via da me.  Noi siamo…” cercava la parola giusta da dire.

“Noi siamo inseparabili” gli suggerì Nanà

“Si, noi siamo inseparabili.”

“Per questo Indi, proprio perché io e te siamo unici, ti racconterò tutta la verità, e tu dovrai dimostrarmi la tua amicizia, oggi scopriremo se siamo veramente due amici super speciali.”

Nanà non omise nulla, raccontò tutto al suo amico. Il pettirosso rimase per tutto il tempo in assoluto silenzio.

“Tu credi molto in So, perché sei così sicura della sua bontà? Come fai a sapere che non stia mentendo?” Domandò Indi, scuotendo la testolina.

“Non so perché mi fido di quel piccolo riccio, sono la prima a comprendere che si tratta di un perfetto sconosciuto, per giunta un animale domestico, ma c’è qualcosa in quella creatura che riconosco e che sento vicino. C’è stata una magia, quelle che succedono raramente, ma che quando accadono non si devono ignorare.”

Indi guardò gli occhi arancioni della sua amica, la prese per l’ala e le domandò: “come posso aiutarvi?”

Nanà era sollevata, il suo amico era ancora una volta dalla sua parte.

“Dobbiamo riuscire a rendere So, una risorsa indispensabile per Pineta. Deve lavorare tranquillo, è un artista, crea bellezza e felicità. Quando avrà finito il suo lavoro, organizzeremo un grande evento per mostrare a tutti la sua arte.”

“Io e i ragazzi potremmo suonare, e le ranocchie potrebbero pensare al buffet. Creeremo una festa strepitosa, sarebbe bello organizzarla il primo giorno di primavera, cosa dici, un mese può bastare per il suo lavoro?”

“Non so? … senti ho comprato un sacco di cose buone da mangiare, quando smetti di suonare, ti va di venire a cena da noi così possiamo riparlarne anche con So? I picchi per quell’ora avranno già finito di lavorare. Sai avrò una casa grande, grandissima.”

Risero i due amici, Indi era felice la sua amica le aveva confidato un segreto importantissimo, l’avrebbe aiutata in tutti i modi possibili, perché con gli amici così si deve fare, bisogna non abbandonarli mai.

“Appena finisco di suonare passo da te. Sarà bello cenare assieme, non lo facciamo più da tanto tempo” disse tradendo un po’ di malinconia.

Nanà chiese a Indi di preparargli un paio di bottiglie di luppolosa, si abbracciarono forte fortissimo poi volò via.

La gufetta era carica di pacchi, ma si sentiva leggera, aveva detto la verità al suo migliore amico, il suo cuore era finalmente tornato lieve.

Al suo rientro a casa, la squadra di picchi, aveva terminato il lavoro di scavo nel legno, rimaneva solo da lisciare con le foglie raspose le pareti, Nanà era sconvolta, la sua casa era grandissima.

“Abbiamo creato la stanza con una bella finestrella a soffietto, il salotto è raddoppiato, e abbiamo pensato, visto che vivrete in due di fare un secondo bagno, con la doccia” le spiegò Flic.

“Hai tutto il ramo centrale ancora da sfruttare, se un giorno ti servisse un’altra stanza…”

“E’ una reggia, la tana più bella del bosco”.

La gufetta era visibilmente emozionata, tremava, il picchio più giovane Mic, si avvicinò a Nanà dicendole: “siamo tutti molto soddisfatti del risultato, volevamo tanto renderti felice”.

In un attimo tutti i picchi cominciarono ad emozionarsi, in un baleno le lacrime sgorgarono irrefrenabili. Per cercare di vincere l’emozione, e festeggiare, la gufetta stappò una bottiglia di luppolosa.

Dopo aver brindato e finito di levigare le pareti, la squadra si congedò.

Nanà pulì bene i pavimenti, entrò nella stanza che sarebbe stata di So, e attaccò alla porta un cartello di benvenuto per il suo amico, cercò anche di disegnarlo, non propriamente un ritratto d’artista, ma infondo quello che contava era il pensiero.

Aveva perso il senso del tempo era stata una giornata impegnativa, voleva andare da So, poi sarebbe arrivato Indi per cena, doveva volare subito allo studio.

Arrivata al tronco, chiamò il suo amico che la invitò ad entrare.

“Ciao Nanà, dove sei stata tutto il giorno? Mi sei mancata, guarda, ho sistemato tutto, cosa ne pensi ti piace?”

Lo studio era organizzato in modo molto ordinato, il tavolo che aveva costruito era bellissimo, aveva creato delle mensole, legando assieme i legni levigati dal fiume Mentuccia. Tutto era riposto all’interno di contenitori di diverse forme e grandezze.

C’era molta armonia, la luce delle lanterne lucciolose, rendevano l’ambiente caldo e accogliente.

“Che meraviglia, sembra un luogo incantato, mi piacciono i mobili che hai costruito, tutto è perfetto”.

Nanà si guardò attorno, e pensò che forse per il suo amico, la sua casa non fosse abbastanza bella, era dispiaciuta di non averla curata di più, ma prima era sola, non pensava che fosse necessario renderla piacevole, infondo serviva per dormire e ripararsi, ma adesso guardava quel tronco e il modo in cui So, tutto da solo, l’aveva arredato e sistemato.

“Nanà, cosa succede?”.

Il riccetto afferrò la sua amica: “cosa c’è che non va, rispondimi per favore?”

“Niente va tutto bene, solo non avevo capito fino infondo cosa volesse dire occuparsi di bellezza e felicità, adesso guardo questo posto, dove non hai ancora dipinto nulla, ma sento che c’è un’atmosfera diversa, questo luogo è un incanto. Così mi domandavo, se per caso avessi cambiato idea, se volessi vivere qui. Nella mia casa, non c’è nessuna magia, è solo casa mia” disse un po’ mortificata.

“La tua casa è un posto meraviglioso dove vivere, perché ci sei tu” rispose So chiudendo la porta dello studio.

“Andiamo Nanà.”

La gufetta afferrò gli anelli dell’altalena, in un battibaleno furono al nido.

“Apri tu la porta, per favore?” disse passando le chiavi al riccetto.

“Cosa ha detto Flic, quando può venire a fare i lavori”.

Le parole gli morirono in bocca, appena entrò in casa si trovò di fronte una sorpresa che non si aspettava.

Guardò il cartellone che Nanà gli aveva dedicato, sorrise notando il suo ritratto.

“Entra, cosa aspetti? Ti presento la tua nuova camera”.

So varcò la soglia quasi in punta di piedi, la stanza era bellissima, la finestra dava sul lato est del bosco, si vedeva il fiume Mentuccia da lì.

“Quando sarà arredata, con il tuo gusto, diventerà la camera perfetta”

“Oooh Nanà, è già la stanza perfetta” rispose commosso il piccolo riccio.


I racconti del riccio So e della gufetta Nanà, è un testo originale di Nicoletta Agosto, la voce narrante è di Renata Bertolas, la produzione e il sound design sono di Michael Hammer.

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Autore

  • Nicoletta Agosto

    Da bambina voleva diventare una pianista, una trapezista del circo o una Charlie’s Angels... Crescendo le idee sono cambiate tuttavia, sono rimaste sempre confuse. Durante questa lunga ricerca di senso su quale fosse esattamente il suo ruolo nel mondo, ha viaggiato molto, studiato filosofia ed imparato ad amare l’arte. Abita a Udine insieme al marito, alla figlia e al gatto Ortensia.

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